La scultura può essere declinata in molte forme espressive e quando si rinuncia a perseguire una modalità figurativa, si aprono spazi di ricerca ampi e imprevedibili in cui si possono scoprire punti di contatto con altre arti come la pittura, l’arte popolare, l’architettura, l’arte ambientale.
E’ questa la strada percorsa da Paolo Vivian il quale, dopo un breve esordio da pittore, ha trovato la sua cifra personale nella fisicità della scultura e nel piacere di trasformare la materia grezza in un’idea tridimensionale. Un Homo Faber in cui concetto e lavoro manuale avanzano di pari passo poiché manipolare una materia viva e resistente come il legno, e ancor più il metallo e la pietra, richiede progettualità e impegno fisico. Dei suoi trascorsi di pittore Vivian ha mantenuto la passione per il colore e per il trattamento delle superfici che si ritrova in tutte le sue opere: nei bassorilievi in cui convivono ritmo, toni e cromatismi musicali, nei totem monolitici in legno o pietra e nelle più informali installazioni site specific. Non interessato a ripetere sempre se stesso, l’artista ha coraggiosamente imboccato nel corso degli anni vie nuove con cui poter esprimere i suoi interessi profondi il primo dei quali è l’amore per la Natura, cosicché, alle prime rigorose strutture geometriche filtrate da un sapore astratto si sono affiancati gli interventi di Land art in cui natura e artificio intrecciano un dialogo ininterrotto. La scelta di ritornare alle origini, quando l’arte nasceva dal bisogno interiore dell’uomo di rapportarsi con un mondo amico-nemico, lo ha portato a sculture che si sviluppano direttamente sul luogo e dal luogo, sia riutilizzando manufatti ‘trovati’ antichi e consumati dal tempo, sia recuperando stilemi formali provenienti dalla cultura del territorio. In questo suo confronto con la materia vissuta, Paolo ritrova sedimentata la storia e il senso più vero dell’arte e, il creare con le mani diventa metodo di liberazione ed emancipazione da una società moderna alienata.