Questa prima intervista di icsART a un fotografo cade (casualmente) nell’anniversario dei 180 anni dalla “nascita ufficiale” della fotografia. Quando apparve questa tecnica che avrebbe rivoluzionato il mondo della visione, ci fu chi pronosticò la fine dell’arte e chi, invece, ne intuì le immense potenzialità. Oggi che è ormai annoverata tra le arti e, anche se la sua tecnologia ha subìto radicali trasformazioni, ciò che non può cambiare è la sensibilità di chi sta dietro l’obbiettivo.
Claudio Rensi, ha acquisito questa sensibilità fin da quando giovanissimo ha cominciato a frequentare lo studio del padre fotografo dove ha appreso tutti i segreti del mestiere ed è nato il suo amore per questo linguaggio. Un apprendistato che è stato la sua salvezza perché, quando il padre muore all’improvviso, a soli 23 anni egli si è dovuto fare carico dell’azienda di famiglia. Un evento traumatico che lo ha obbligato a diventare adulto ma che gli ha anche consentito di conoscere un nuovo mondo che lo ha fatto crescere e arricchire culturalmente e artisticamente.
Il giovane, che non si rassegna a una routine meramente commerciale, coltiva la passione tramandatagli dal padre per la fotografia come espressione artistica autonoma aiutato dal talento con cui padroneggia sia il colore che il bianco e nero: mentre con il primo ricerca quell’ideale di bellezza assoluto che solo la Natura gli offre, il bianco e nero gli è particolarmente congeniale perché gli permette di arrivare all'”essenza dell’immagine”. Nei suoi ritratti, grazie a un uso sapiente delle luci, alla sua capacità di cogliere la psicologia di chi gli sta di fronte e anche all’uso di primi piani tagliati magistralmente, riesce a esaltare sia il fascino classico di incantevoli figure femminili che la storia di facce scavate dal tempo. L’altro linguaggio di Claudio è il fotoreportage, istantanee catturate al volo in cui egli, sollecitato da un coinvolgimento emotivo o da un’umana solidarietà, documenta istanti di vita quotidiana o rivela piccole verità invisibili ai più.