ESPLOSIONI DI ENERGIA VITALE

Ivo Fruet possiede, insieme alla consapevolezza dei grandi artisti che parlano delle proprie opere con naturalezza e sobrietà, la competenza dell’artefice che ama il lavoro ben fatto in quanto prodotto della mano, dello spirito e della mente. In questo senso, Fruet è pittore, scultore, grafico, incisore, modernissimo ma che, allo stesso tempo, affonda le radici della sua disciplina e del suo sapere nella storia dell’arte.

Quando, ventenne, è entrato in contatto a Roma e poi a Copenhagen con le avanguardie europee scoprendo il linguaggio che offriva una totale libertà al proprio bisogno di esprimersi e di indagare esperienze sconosciute e difficili, egli ha istintivamente intrapreso una strada che non avrebbe più abbandonato: quella dell’arte informale.

E’ proprio il rifiuto del concetto di “forma” a favore di una creatività fondata sulla liberazione delle energie interiori, l’essenza della pittura di Fruet caratterizzata da una gestualità che si esprime tramite il “segno” lasciato libero di fluire e percorrere la superficie della tela per imprimere una “traccia esistenziale” intimamente legata all’energia psichica. Il gesto diventa atto artistico, unico in grado di comunicare l’inesprimibile in quanto capace di superare tutti i filtri concettuali e mentali per consentire alle pulsioni più profonde di affiorare e proiettarsi senza controlli razionali sulla tela.

Il momento del pensiero è separato dall’atto pittorico vero e proprio il quale deve potersi esprimere senza ripensamenti che  bloccherebbero il libero flusso di coscienza.

Il gesto che dà inizio a un dipinto nasce da un impulso casuale, non mediato e non meditato, per poi procedere guidato solo dalla disponibilità dell’autore ad affrancarsi dai vincoli della manualità e assecondare l’energia creativa che fluisce dal proprio inconscio. L’artista informale sa che l’opera non è mai conclusa perché non c’è un punto di arrivo ma solo un percorso all’interno di un’esperienza ininterrotta.

Instancabile sperimentatore, Ivo Fruet non ha cessato in tutti questi anni di esplorare materiali e i medium più vari e di inventare tecniche alla continua ricerca di modalità espressive che ampliassero i confini del suo lavoro e gli permettessero di slegarsi da schemi compositivi precostituiti.

La forma non è però del tutto assente poiché: si ripresenta attraverso un universo di elementi grafici astratti ma dotati di connotazioni, i caratteristici segni neri, incisivi, quasi drammatici, con cui l’artista costruisce le sue strutture visive in cui si riconoscono sia memorie di figurazione sia le complesse organizzazioni spaziali che sembrano anticipare le tendenze del decostruzionismo architettonico. La composizione finale, espressione di un dialogo serrato tra artista e medium, ritrova “naturalmente” al suo interno un equilibrio di masse, di colori e segni che nasce dalla fusione creativa tra scelte formali coscienti e gestualità non controllata.

I lavori di Fruet sono un condensato di forza e vitalità istintive che si manifestano sia nell’uso radicale e audace di tutte le gamme di colori, nessuna esclusa, sia nel gioco sapiente tra vuoti e pieni enfatizzato dalle nervose e dinamiche tracce nere delle pennellate che dilatano e fanno vibrare lo spazio.

Si tratta di una pittura che esige passione, determinazione ma anche impeto psichico e azione fisica, in quanto basata su uno stretto rapporto tra corpo e mente e, per certi versi molto simile a una seduta di “autoanalisi” attraverso cui vengono portate alla luce immagini sepolte nella psiche. L’artista possiede l’opera ma, allo stesso tempo, ne è posseduto dato che egli non sa cosa apparirà sulla tela poiché egli, solo nel “processo creativo” trova il senso del proprio operare.

Esiste dunque un filo conduttore che collega tutti i suoi lavori rendendoli assolutamente riconoscibili: non c’è soluzione di continuità tra Fruet artista e Fruet persona, ciascuna delle sue opere rappresenta un pezzo della sua vita, un vero e proprio ‘“autoritratto” eseguito in quel preciso momento.

Oggi, Ivo Fruet possiede, grazie alle esperienze vissute e a una coscienza lucida e mai scalfita del ruolo dell’artista, una carica creativa – uguale, se non addirittura superiore – a quando sessant’anni fa ha iniziato la sua carriera, a conferma di ciò che disse Marcel Duchamp: “L’arte sfocia in regioni che non sono dominate né dal tempo né dallo spazio“.