Nei seducenti dipinti di Claus Vittur si possono trovare le suggestioni di una visione romantica in cui l’artista è assorto nella contemplazione della natura in tutte le sue manifestazioni. Essendo nato e vivendo in un luogo magico come la val Badia, si comprende bene come il suo rapporto con le montagne, le valli, i boschi, i pascoli, nasca da un ‘imprinting‘ introiettato da piccolo.

La natura che egli rappresenta nei suoi quadri, però, non appartiene a un luogo o a un tempo precisi, ma è una natura idealizzata e caricata di significati culturali e psicologici reinterpretati alla luce di un paradigma in cui l’artista non è attore ma spettatore. Ciò che muove Vittur non è l’idea del ‘sublime’ che tanto affascinava i pittori romantici, quanto la sensazione di mistero che egli coglie nel mondo che lo circonda: nei paesaggi naturali, artificiali, nelle persone che ritrae. Le sue immagini sono sfumate, fisse, distanti come flashback che riappaiono in sogno, dei fermi immagine illuminati da luci dalle tonalità artificiali, irreali, viste come attraverso un filtro. I paesaggi immaginari, le atmosfere rarefatte, i luoghi mentali od onirici che Claus Vittur crea, sono sempre vagamente inquietanti; così come i vecchi edifici e interni, vuoti o disabitati, illuminati da luce naturale soffusa e intimista che esprimono una solitudine esistenziale e l’incomunicabilità di una società introversa. Anche i ritratti (autoritratti?) emergono da una cortina di nebbia che dissolve la fisionomia e ci raccontano della crisi d’identità dell’uomo (e dell’artista) contemporaneo. La tenace passione di Claus per la “bella pittura”, a lungo e duramente osteggiata dalle avanguardie e oggi riammessa a pieno titolo nell’alveo dell’arte contemporanea, gli consente di mettere in discussione le tante mode culturali succedutesi e seguire liberamente il proprio percorso personale. Sfocando e alterando cromaticamente le figure che dipinge, egli ne nega la presunta obiettività rendendo lo spettatore consapevole dell’ambiguità e inconoscibilità della realtà che, a suo avviso, solo l’inconscio può disvelare.