Nel ricco panorama degli artisti altoatesini, Ulrich Egger si è creato un proprio ambito esclusivo in cui, approfondendo sia singolarmente sia in comunione tra loro le sue due grandi passioni, la scultura e la fotografia, ha sviluppato un linguaggio del tutto personale definito dalla critica, “foto-scultura”. L’altra caratteristica che contribuisce a rendere i suoi lavori ben riconoscibili, è la presenza delle immagini di edifici e abitazioni abbandonate, in rovina o degradate dal tempo e dagli uomini. Egger, infatti, ama documentare fotograficamente realtà urbane dure, inquietanti, urtanti, dolorose che poi in studio modifica e integra intervenendo con materiali industriali che, esaltandone drammaticamente il senso, le riattualizzano. Il suo impegno per riportare alla vita questi “reperti di archeologia contemporanea” si carica di implicazioni sociologiche, antropologiche, etiche, politiche che si traducono nel recupero concettuale ed estetico delle storie di quotidiana umanità che stanno dentro e dietro a una insospettabile e inesplorata “bellezza del degrado”.
Gran parte delle sue opere nascono dall’interazione di questi tre filoni artistici indipendenti, : le fotografie, le foto-sculture di cui si è detto, gli assemblage e le installazioni in cui gli object trouvé, vecchi infissi di legno bianchi, dialogano con le nuove tecnologie: immagini fotografiche monocrome, lamiere in acciaio Corten, lastre di plexiglass, cemento a vista. La ricerca di Egger si muove in bilico tra analisi critica di uno sviluppo inarrestabile, caotico, irresponsabile e nostalgia utopica di un mondo più giusto in cui ritrovare i difficili equilibri tra Uomo e Natura. La sua volontà di denunciare la dicotomia, forse insanabile, tra tecnica e umanesimo, si ritrova in tutti i suoi lavori, bi o tridimensionali, prodotti della sua straordinaria sensibilità fondata su rigorose composizioni geometriche: griglia ordinatrice, vuoto, pieno; su materiali architettonici: vetro, legno, ferro, cemento; su raffinati cromatismi che privilegiano le tinte neutre e astratte: bianco, nero, grigio, bronzo.
Ulrich sembra voler dimostrare che la bellezza si trova ovunque, basta saper guardare oltre le mere apparenze per vedere l’essenza di una realtà molteplice e multiforme.