Il modo migliore per comprendere le sculture di Lois Anvidalfarei sarebbe di poterle vedere nel luogo dove l’artista è nato, vive e lavora: un antico maso con annesso il fienile e lo studio, incastonati in una valletta verde dove pascolano le mucche. E’ in questo ambiente naturale idilliaco che sono state create le decine di bronzi esposti nel prato e nel bosco come in un museo all’aperto. Le ragioni profonde del suo lavoro sono ben spiegate dal ricordo rimastogli dei quattro scalpelli “Stubai” – da vero scultore – ricevuti in dono da bambino, della “via” trovata dopo una lunga e sofferta ricerca grazie al “Maestro” dal quale apprende i princìpi della forma di cui diverrà a sua volta Maestro.
Il modo di essere di Anvidalfarei è definito dall’indole, dal luogo, dall’impronta familiare e sociale caratterizzate da una religiosità tradizionale praticata come regola di vita, punti fermi di un’etica che ha trasferito nella sua concezione artistica fortemente spirituale ed egli è un “costruttore” che cerca la verità in quel che fa. La sua ricerca si concentra fin dagli inizi sul corpo, forma fisica vitale e specchio di una bellezza sublime vissuta come manifestazione concreta dell’anima. Dopo un primo periodo di stilizzazione durante il quale esplora fino ai limiti figure umane massicce ma, allo stesso tempo, leggere e aeree, abbandona queste tipologie astratte per uomini e donne comuni, dotati di corporeità e passioni universali in cui – sebbene i volti siano nascosti o privi di espressione – chiunque possa riconoscersi. Il filo conduttore di ogni scultura è la ricerca di un’anatomia perfetta frutto dei tanti schizzi preparatori, e nondimeno reinterpretata liberamente in chiave psicologica per narrare sentimenti come la solitudine, l’ingiustizia, la paura, l’ineluttabilità del destino umano.
Il naturalismo dei soggetti modellati magistralmente nel gesso contrasta con la consapevolezza della tragedia immanente comunicata dai suoi corpi che, sottoposti a forze esterne ignote, assumono posizioni estreme, esasperate, sofferenti in cui gli arti allungati e i muscoli contratti esprimono tormenti interiori capaci di straziare le sembianze umane e ridurle a pura carne.
Lois è un umanista, scultore potente e drammatico il quale, con la sua esplorazione libera e scevra da falsi pudori dei grandi temi della Storia riguardanti il senso dell’esistenza e la condizione di un’umanità vittima e carnefice, si inserisce a pieno titolo nell’alveo dell’arte vera del nostro tempo.