Settimo Tamanini, in arte Mastro 7, è figura nota in Trentino per il suo laboratorio-negozio da cui sono uscite per oltre cinquant’anni le opere orafe innovative e personali da lui create. Un’arte antichissima la sua che, fino alla nascita del moderno mercato dell’arte, era la più amata e ambita dai potenti di tutta Europa.
La seconda vita artistica di Tamanini nasce quando, ritiratosi dall’attività lavorativa, si getta anima e corpo in un sogno coltivato da sempre: quello di creare una scultura libera dai vincoli imposti dall’arte applicata. La nuova ricerca, simbolica, estetica, tecnica, esistenziale, lo coinvolge in una sperimentazione ininterrotta in cui, come spinto da un sacro fuoco interiore, avvia una serie di imprese eccezionali inoltrandosi temerariamente in percorsi espressivi che lo sospingono verso opere sempre più monumentali. Il tema che dà inizio a questa sua utopia è quello dell’Albero che nella sua visione rappresenta fisicamente e simbolicamente il “Tutto”: la vita, il cosmo, il Creatore. Un impeto mistico in cui la sua irrefrenabile fantasia combinata al talento nel padroneggiare alla perfezione la difficile, complessa e faticosa arte del rame sbalzato a fuoco, lo portano a realizzare – interamente da solo – un ciclo di alberi in scala reale. Una sorta di ”ossessione’ che ricorda quella di artisti visionari incapaci di fermarsi nonostante – o forse a causa – dell’impegno totalizzante richiesto da un ideale che dà un senso alla vita e combatte l’ineluttabilità della morte contrapponendole una creazione nata dalla mente, dallo spirito e dalle mani dell’artista.
Chiaramente, gli alberi sofferti di Tamanini, che lui chiama le ‘Grandi Madri’, sono una metafora della sua visione del mondo e del suo bisogno interiore di una sintesi in cui Passato, Presente e Futuro, siano ricondotti a un simbolo che rappresenti plasticamente il senso della vita. Settimo si definisce un naïf, giustamente perché, sebbene collochi il suo fare in ambiti colti, filosofici, spirituali o religiosi, il suo animo ‘artistico’ rimane sostanzialmente puro e appassionato come quello di un fanciullo che non resiste all’impulso di ‘dare vita’ alle forme che immagina.