È interessante quel che dice Silvana Todesco: «Il figurativo espone un pensiero concreto e gli dà forma mentre l’astratto è più sintetico, intuisce ed espone. Ecco, io non sono ancora così libera»; spiega bene la sua posizione rispetto sia all’arte figurativa: prima avere presente il soggetto dell’opera e poi procedere alla sua formalizzazione, sia a quella astratta: abbandonarsi alla libera intuizione. Credo abbia ragione anche se la (presunta) “libertà” dell’arte astratta discende solo dal fatto che essa ha programmaticamente espulso dai propri interessi la vita reale per limitarsi a rappresentare il mondo delle pure idee (l’Ordine della geometria, il Caos del gesto ecc.). Un’arte libera e “autoreferenziale”, perché parla solo di sé stessa, e anche “impersonale” poiché l’autore non parla mai di sé stesso come persona. Libera, ma sostanzialmente innocua per tutti.
Il problema non è creare forme libere, ma essere liberi ed essere sé stessi. E Silvana Todesco è libera e – quando dipinge – parla di sé attraverso la sua pittura “figurativa” scegliendo di esporsi come persona oltre che come artista. Ama le forme per quello che risvegliano in lei: non dipinge fiori, si immerge in essi tra i loro pistilli e i loro petali in una comunione spirituale totalizzante con la Natura. Non riproduce ciò che vede dall’esterno ma entra in una sorta di risonanza emotiva e sensuale con le forme del mondo naturale e, dipingendo la loro vitalità in un’esplosione di forme e colori, compie ogni volta un faticoso percorso nel profondo del proprio inconscio. Nei suoi quadri il rosso e il nero sottolineano intensamente l’esuberante groviglio di emozioni che non lasciano indifferente l’osservatore catturato dalla pittura lussureggiante e “lussuriosa” (qualcuno, in passato, si è anche scandalizzato). Non sono certamente dipinti “innocui” (nel senso dato sopra) poiché l’artista espone senza infingimenti sé stessa e la propria interiorità: ci vuole coraggio, consapevolezza (e anche un po’ di incoscienza) nel mettere a nudo i propri sentimenti più intimi attraverso esperienze così coinvolgenti. Se l’arte è un gioco, lei mette in gioco sé stessa mostrando la propria anima senza rifugiarsi in asettiche astrazioni. Silvana può dire a buon diritto: io sono questi dipinti.