Morto nel 2008, Mauro De Carli ha lasciato un segno profondo della sua attività artistica sia operando per oltre 40 anni come scultore, sia fondando e insegnando, prima per 10 anni a “La Finestra”, libera scuola di pittura, scultura e incisione e poi all’Istituto Statale d’Arte di Trento, sia, infine, tramite i suoi scritti critici e appassionati con cui partecipava al dibattito culturale provinciale.
Arrivando da Milano dopo le esperienze con nomi del livello di Marino Marini, il suo spirito libero mal si è adattato a una realtà locale in cui l’arte veniva calata dall’alto e decisa da ragioni che poco avevano a che fare con il valore dell’opera. Era proprio il suo amore per la sua arte che spesso lo spingeva a intervenire polemicamente per combattere da solo delle battaglie che sapeva perse come, ad esempio, nel testo riportato in calce all’intervista, un’autoanalisi lucida e oggettiva – quasi un testamento culturale e spirituale – che compendia il suo credo artistico.
De Carli era un artista completo, ottimo disegnatore e pittore, esperto incisore ma, prima di tutto, uno scultore che “pensava” le forme tridimensionalmente, in funzione di una loro rappresentazione plastica. E’ proprio a causa di questo suo interesse per la figura umana che, pur apprezzandone i protagonisti, non si riconosceva nell’astrazione e ne rifiutava con forza il pensiero divenuto egemone, poiché troppo lontano dai temi che lo appassionavano: la vita, l’uomo con le sue emozioni, la solitudine e la fatica di vivere in un mondo ritenuto ” sottosopra”.
Che Mauro fosse uno scultore legato all’espressionismo nordico più che al classicismo mediterraneo, lo si evince non solo dal suo modo scabro ed essenziale di trattare la materia ma, soprattutto, dall’angoscia esistenziale dei suoi personaggi le cui forme contratte, anatomicamente rigide, comunicano l’inquietudine e l’assenza di senso dell’uomo moderno. Un approccio stilistico che andato accentuandosi dopo alcune esperienze infelici in cui la sua aspirazione ad arrivare all’essenza creativa stessa, si è arenata contro una committenza ferma ai banali stereotipi del gusto dominante.