Chi confrontasse i delicati e poetici acquerelli eseguiti oggi da Sergio Cara con gli acrilici del suo primo periodo pittorico a Bologna, avrebbe difficoltà a credere che appartengano allo stesso artista. I dipinti degli anni ’70, infatti, rientrano nel filone dell’astrazione geometrica “estrema” teorizzata dall’espressionista astratto monocromatico Ad Reinhardt, e si caratterizzano per una straordinaria perfezione tecnica a cui si accompagna un altrettanto intenso sforzo per “azzerare” la personalità dell’autore così da raggiungere la massima antiespressività del dipinto. La decisione dell’artista – un capovolgimento più che un’evoluzione – di lasciare quei lidi sicuri, ampiamente codificati e concettualizzati, dove avrebbe potuto conseguire ampi e diffusi consensi, per esplorare il proprio mondo interiore ed esprimere “liberamente” le proprie emozioni e sensibilità, a mio avviso, prima che artistica è stata esistenziale.
A questa scelta filosofico-ideologica si è accompagnato l’abbandono della pittura ad acrilico, materia prevedibile nella sua solida pastosità piatta e opaca, in favore dell’indeterminatezza liquida dell’acquerello, tecnica trasparente e luminosa, quasi dotata di vita propria, e per questo capace di rendere mille tonalità e sfumature imprevedibili, dalle più delicate a quelle più intense.
Cara trova il principio ispiratore e regolatore di gran parte della sua creazione artistica nella Natura e nel suo infinito repertorio di forme e colori traendone motivi di studio e approfondimento alla ricerca di un contatto spirituale con il Tutto, come avviene nella meditazione Zen. Da allora il percorso artistico di Sergio è stato chiaro e lineare ben sapendo che le potenzialità espressive erano infinite e aperte a tutte le sperimentazioni. Nei suoi lavori ora è leggibile il felice superamento della storica dicotomia tra astrazione e figurazione poiché, anche nelle opere legate al modello naturalistico, fiori, paesaggi, ruscelli alpini, il confine tra forme reali e astrazione lirica è sempre estremamente labile e riconducibile al piacere di nuove scoperte.