Claus Soraperra non è certo il tipo di artista che vive nella sua turris eburnea alla ricerca del facile consenso garantito da una pittura esteticamente piacevole ma sostanzialmente innocua. Al contrario, la sua arte brillante e talentuosa – poco politically correct – è graffiante e urticante perché messa al servizio delle cause in cui egli crede. Soraperra de la Zoch è ladino di Canazei, artista e intellettuale che si riconosce appieno nella sua comunità e, proprio per questa ragione, profondamente interessato ad esprimere il proprio punto di vista su come, a causa di una malintesa modernità, da anni sia in atto in valle una preoccupante trasformazione antropologica strisciante.
Osservatore lucido e critico della realtà, usa la provocazione artistica e la critica sociale (che per lui sono la stessa cosa) per denunciare i modi subdoli in cui la cultura ladina sta progressivamente (e inesorabilmente) perdendo la propria identità. Figlio d’arte, ama sperimentare i media più vari e moderni: pittura, fotografia, disegno, poesia, performance, installazione, scultura, digital art, purché coerenti con i contenuti e utili alla condivisione sociale del messaggio. In questo senso, le sue mostre diventano momento di confronto, dibattito e anche scontro pubblico, condizioni indispensabili per far crescere la consapevolezza collettiva in quanto, secondo la sua personale visione «L’artista è un politico nel senso più puro del termine».
Claus, che ha introiettato i linguaggi contemporanei e padroneggia i meccanismi della società massmediatica, con il suo stile espressivo “pop” caratterizzato da un disegno magistrale e colori sgargianti, ricorre alle armi pungenti dell’ironia, della satira, della caricatura, della citazione, così che le sue immagini quasi iperrealistiche, provocanti e provocatorie, intrighino l’osservatore spingendolo ad approfondirne i significati. Tutta la sua prassi artistica si alterna tra Passato e presente, tra Storia e attualità, cercando costantemente le proprie ragioni di senso e di forma nella coscienza che “Noi non ereditiamo la terra dai nostri avi; la prendiamo in prestito dai nostri figli”.