Le ragioni che spingono una persona a diventare artista nascono da un bisogno naturale di esprimersi che generalmente si manifesta sin dalla giovine età. Le motivazioni si affinano poi con il tempo così c’è chi privilegia il piacere espressivo-psicologico, chi l’esigenza filosofico-concettuale, chi la ricerca creativo-estetica, chi l’interesse politico-sociale ecc.
Alcuni, come Gilberto Moreletti, vedono l’arte come uno strumento di elevazione spirituale dalla difficile condizione umana e sono intimamente persuasi che ciò richieda innanzitutto di scavare dentro di sé per poter arrivare a una purificazione, una vera e propria catarsi. Nel caso di Moreletti, l’energia psichica che nasce da questa introspezione viene trasferita sulla tela attraverso la materia, che lui lungamente lavora e manipola, indagandola come fosse elemento vivo, alla ricerca di risposte che da essa possano emergere. L’opera intitolata “Così io sono”, ci rivela la complessità di questo rapporto che sottende una fatica esistenziale ben esemplificata anche dalla metafora di Gilberto sul «buco profondo in cui si cade, da cui bisogna uscire con tutte le proprie forze».
Nelle risposte all’intervista, l’artista usa termini antichi e desueti come peccato, anima, spirito, visione, anima nera, paradiso, al di là, purezza interiore, i quali mettono in luce la sua visione spirituale della pittura come un tutt’uno con la vita. Si spiegano così le sue figure fantasmatiche, simili ad apparizioni, che si sforzano di fuoriuscire dall’impasto di colori tenui e trasparenti misti a grumi di materia, alla ricerca di un equilibrio instabile, espressione di una sensibilità acuta e di una intensa comunione con il proprio mondo interiore. Un vero e proprio inno all’Arte, un fuoco interno che si manifesta in affermazioni ‘profetiche’ sul valore salvifico della pittura e sul ruolo dell’artista il quale, solo attraverso la solitudine, la sofferenza e la consapevolezza, può riuscire a trovare sé stesso e dare un senso vero alla propria arte.