Contrariamente all’ego esageratamente (e spesso immotivatamente) sviluppato di molti artisti, quella di Carla Caldonazzi è la personalità di una signora gentile e elegante che lavora da sempre per coltivare – senza proclami e autopromozioni – una passione tanto sincera quanto profonda.
La pittura e il disegno sono strumenti indispensabili per esprimere le proprie impressioni sulla bellezza che vede in tutto ciò che la circonda. Innanzitutto le “sue” montagne che ama da sempre, meta di pazienti studi en plein air per renderne la maestosità con poche pennellate sapienti e tinte delicatissime. Poi le bellezze naturali: i tronchi, i paesaggi e le baite di montagna, espressione dell’intelligenza umana nella lotta-simbiosi con la natura, rappresentate con rapidi e abili tratti in bianco e nero ma, soprattutto, le rose, un fiore antico simbolo della perfezione, della caducità ma anche della passione e di un animo romantico. I suoi dipinti su carta pazientemente preparata con un fondo alla caseina dalle tinte calde, assumono così un’atmosfera immediatamente morbida, intima e vissuta.
Un altro soggetto preferito da Carla è quello più vicino alla sua quotidianità ma non per questo meno interessante per chi, come lei, sappia osservare con sensibilità le forme che la natura riesce a creare anche nelle realtà più comuni: un insieme di mele rosso fiammante o le “umili” verze le quali – reinterpretate dalla poesia dell’artista – diventano un oggetto misterioso, quasi alieno, dal disegno che si trasforma in pura astrazione.
La pittura figurativa, sobria e meditata, di Carla Caldonazzi non si propone di rivoluzionare il mondo dell’arte né, tantomeno il mondo tout court, vuole solo testimoniare che l’arte – come è sempre stato – dovrebbe nascere dalla voglia di mettersi in gioco per parlare dei propri sentimenti più intimi e privati e, non solo e non tanto, di costruzioni concettuali emotivamente impersonali.