Mauro Berlanda vive a Locca, a pochi chilometri dallo specchio blu del lago di Ledro, ma nelle sue composizioni appare sempre la montagna, non una reale esistente in qualche luogo, ma una “Montagna immaginata”, una figura ideale e mitologica che ritorna ininterrottamente nella sua ispirazione. Questa presenza immanente è la sua grande passione, in quanto testimonianza fisica, visibile e “vivente” della magnificenza intangibile della Natura e, di contro, della finitezza dell’uomo.
La maestosità delle cime scomposte in diedri inaccessibili, più simili a delle apparizioni che a realtà concrete, rimane sempre tra le emozioni più forti che colpiscono chi le frequenta perché rappresentano una visione dell’esistenza umana in cui bellezza, pericolo, destino, convivono. Saper dipingere le montagne non è facile senza scadere nell’illustrazione oleografica o nella raffigurazione banalmente realistica: le Montagne di Berlanda, invece, seppur uscite dal suo immaginario, sono delle apparizioni, grandiosi monumenti naturali che emergono luminosi dalle nebbie. L’uomo non appare mai, solo i suoi manufatti lasciati dalla guerra, perché la sua presenza scompare di fronte alla maestosità delle Montagne e perché ininfluente sul loro destino.
A volte, invece, Mauro si serve di un’astrazione post cubista in cui la roccia è spezzata e decostruita in solidi geometrici elementari, i colori sono freddi, bianchi azzurri e blu come lame dure e algide.
Mauro possiede insieme a una profonda e intima conoscenza del soggetto che dipinge, anche un talento pittorico unico che gli permette di raffigurare le “sue” montagne immaginarie trasmettendo anche all’osservatore le intense emozioni che egli prova; una tecnica invidiabile che gli permette di scegliere punti di vista che non sono quelli dell’alpinista ma dell’uccello che vola nel cielo, di fronte o sopra le pareti verticali. Ecco, forse, la ragione di tanto amore: poter volare in alto verso l’irraggiungibile, verso la vetta come simbolo del mistero ma anche della fatica di vivere.