Franco Chiarani è un artista di talento che ha saputo costruirsi un nome nel panorama nazionale grazie ai dipinti molto personali e identificabili per il segno grafico elegante e nervoso con cui tratteggia sapienti masse chiaroscurali o inquietanti figure umane. La gran parte delle sue opere hanno come filo conduttore l’uomo e il suo stare in un mondo che pare privo di senso. L’artista non è interessato tanto alle fisionomie quanto alla rappresentazione dei connotati psicologici di personaggi che recitano nella commedia umana sospesi in una dimensione spazio-temporale inafferrabile. Attraverso ripetuti trattamenti e passaggi, come da un antico palinsesto, dalle sue carte dipinte riaffiorano le “forme cercate” simili a ombre o fantasmi indistinguibili che risalgono alla superficie attraverso atmosfere rarefatte monocromatiche. Come i protagonisti di “Aspettando Godot” rimangono in attesa di una risposta che non verrà mai, così l’umanità dei suoi quadri oppressa dalla solitudine, l’incomunicabilità, la fatica di vivere, si trova impotente di fronte all’ignoto.
La cifra poetica di Chiarani si caratterizza per l’ambiguità espressiva di un linguaggio che si muove sul confine tra figurazione e astrazione, tra allusione e illusione, mantenendosi aperto ai molteplici significati e interpretazioni che l’osservatore vi intravede: misteriose ombre indefinibili, stravaganti donne e uomini usciti da lontane memorie, ambigue presenze minacciose.
Le sue pitture, però, sono sempre ammorbidite da tinte calde e materiche in cui predominano i colori delle terre e un vellutato effetto acquerellato che stempera la carica drammatica e angosciante tipica di certo espressionismo nordico. A volte, anomala e incongrua, appare nel dipinto una linea rossa, come una luce che indichi la via in un esistenza avvolta dalle nebbie: forse un segno di speranza, oppure un (controllato) moto di ribellione.