Storicamente, all’interno dell’arte astratta si sono sviluppate fin da subito due correnti di pensiero, l’astrattismo lirico e l’astrattismo geometrico: il primo poneva l’accento sull’emotività facendo prevalere la funzione espressiva delle forme e del colore, l’altro privilegiava l’approccio razionale controllato attraverso le certezze della geometria. L’opera di Romano Perusini, ex docente di scenografia all’Accademia di Brera, si colloca quasi naturalmente in quest’ultimo filone grazie al ricco repertorio di variazioni compositive che ha elaborato nel corso di tutta la sua attività artistica. Già a partire dagli anni sessanta egli approfondisce lo studio di nuove strutture significanti attraverso la ripetizione-trasformazione di eleganti figure geometriche piane che dialogano in contesti di chiara matrice architettonica, caratterizzate da lievi ombre lineari prodotte dallo spessore del materiale.
Questo artifizio “scenografico” gli permette di contestare l’impianto bidimensionale facendo leva sui meccanismi psicologici della visione i quali inducono a interpretare in chiave spaziale e dinamica le pure forme elementari. Attraverso il bianco totale delle sue “costruzioni”, un colore associato all’assoluto, le composizioni astratte si caricano di un’aura di classicismo proponendo ed esaltando i concetti e i valori che stanno a cuore all’artista: analisi razionale, rigore metodologico, ordine e armonia, equilibrio e disordine, in ultima analisi, la ricerca della Bellezza.
Romano ha sempre affiancato ai suoi lavori razionalmente esatti anche opere figurative intriganti più attente alle zone buie dell’animo in cui i punti di vista prospettici, i vuoti, le luci, le ombre – fattori fondamentali nella percezione dello spazio – contribuiscono a creare atmosfere ambigue e misteriose che agiscono sull’inconscio dell’osservatore. Ecco quindi le sue grandi tele monocromatiche o dai colori acidi e innaturali, risultato di un uso teatrale della illuminazione, luoghi tridimensionali metafisici che comunicano inquietudine perché irreali, se non addirittura surreali.