Marcel Duchamp, in un’allocuzione del 1960 afferma: ”Tra le responsabilità (dell’artista), una delle più importanti è l’educazione dell’intelletto, anche se, professionalmente, l’intelletto non è la base per la formazione del genio artistico”. Secondo l’artista Joseph Kosuth, essendo l’arte una continuazione della filosofia, i concetti e le idee espresse sono più importanti di un frainteso ed equivoco piacere estetico. Angelo Morandini ha abbandonato i territori sicuri dell’arte “retinica” a lungo praticata, per intraprendere una sperimentazione che privilegi l’intelletto e crei idee, discorsi, riflessioni, in una rappresentazione logico-simbolica che riduce, inevitabilmente, la componente emozionale. E’ intuibile che, per un artista formatosi in discipline filosofiche e informatiche, l’interesse per il pensiero sia diventato il nucleo centrale della sua ricerca accettando il rischio che il risultato percettivo dell’opera stessa passi in secondo piano. Il suo approccio non conformistico si lega direttamente ad una concezione dell’arte come attività eminentemente mentale il cui fine non sia tanto produrre un manufatto artistico, quanto proporre nuovi modi di lettura della realtà e di ciò che (secondo lui), si intenda per arte. I mezzi espressivi utilizzati ai fini di questa comunicazione sono assolutamente liberi e variabili di volta in volta: video, elaborazioni digitali, installazioni, performance, ready made, normali oggetti straniati dal contesto per suggerire significati alternativi. Alcuni suoi lavori, particolarmente ermetici, necessitano di una spiegazione dell’autore e possono apparire poco attrattivi per un pubblico interessato all’opera tradizionalmente intesa anche se Angelo rimane un artista sempre attento a quei valori di tipo estetico (immagini stenografiche), poetico (installazione con matite colorate, pallina da ping pong disegnata in volo), politico ((A)TenTaTo), religioso (la prova di Dio, polvere di sogno), sociale (la scultura Burocracy, le tele sociali), che mancano ai concettuali ortodossi