Non molti sanno in cosa consista il lavoro di uno scultore come Bruno Lucchi perché, spesso, della sua attività, colgono solo il punto di arrivo che si sostanzia nell’opera conclusa. Eppure, il suo lavoro, per tanti versi simile a quello del pittore nell’ideazione e negli studi iniziali, ad un certo punto se ne differenzia in modo sostanziale per una serie di ragioni connesse alle peculiarità del suo fare arte, innanzitutto, per il passaggio dalla bidimensionalità ‘concettuale’ dell’immagine su carta o tela alla forma tridimensionale, vera, concreta, materica. Contrariamente ad un dipinto che si svolge su un supporto sostanzialmente piano, la scultura è a tutto tondo e, perciò, deve affrontare i problemi specifici che pongono le opere plastiche, come avviene per l’architettura.
La scultura di Bruno è basata sul procedimento classico “per mettere”, cioè sull’apporto di materiali plasmabili perché, pur lavorando con numerosissimi altri materiali, egli ama la creta e con essa, attraverso la continua sovrapposizione di strati che gli permettono di raggiungere la sua idea, “costruisce” gran parte delle sue complesse sculture. Si tratta di una tecnica che richiede tempo, calma, pazienza, grande sapienza e maestria artigianale perché si sviluppa nel tempo trasformandosi poco alla volta nella forma immaginata o inseguita; una manualità intensamente faticosa cui si accompagna spesso anche un grande impegno fisico per le grandi dimensioni e il peso dei pezzi
Le opere di Lucchi coniugano modernità e classicismo senza soluzione di continuità perché punto di arrivo di un lungo processo di ricerca che si è coagulato in un raffinato linguaggio personale. Si capisce che non tutti gli artisti possono improvvisarsi o, peggio, definirsi scultori: è relativamente facile ideare e disegnare un bozzetto ma, la ‘vera scultura’, sarà creata solo da qualcuno che è capace di padroneggiare la materia e “trasformare il pensiero in forma”.