Nella rassegna degli artisti astratti trentini non poteva mancare Maurizio Giongo, pittore e scultore che ha svolto gran parte della sua ricerca in un ambito improntato ad un’arte essenziale, evocativa.
Dopo gli inizi di matrice informale o espressionista, il suo interesse si è progressivamente spostato dalla sperimentazione libera verso una costante riduzione dei temi trattati privilegiando il colore e anche il gesto, purché sempre controllato all’interno di spazi ben definiti.
Il suo è un linguaggio interessato a trasmettere suggestioni sottili che gioca contemporaneamente su più piani: da una parte un mondo carico di riferimenti naturalistici ed organici, morbido, mosso e vibrante, dinamico e delicatamente seducente; dall’altra, figure geometriche pure, bidimensionali, caratterizzate da campiture piatte con colori monocromi, una sorta di monoliti autosufficienti. Il dualismo tra i due linguaggi racconta della crisi dell’uomo moderno oscillante tra la ricerca della libertà naturale e l’ordine della razionalità. Maurizio è interessato ad un “metodo” in cui istinto e rigore avanzino di pari passo con un approccio sensibile e attento alle minime variazioni e dettagli affinché, dal confronto tra queste due anime, possa arrivare all’equilibrio e all’armonia.
Anche nelle sue sculture, Maurizio affronta con la stessa coerenza il problema del volume e dello spazio tridimensionale costruendo vere e proprie architetture definite da cornici geometriche, entro le quali si muovono plasticamente forme dinamiche assolutamente simili alle sue pennellate.