Aldo Pancheri è figlio d’arte e nipote d’arte (il papà, Renato e lo zio, Gino Pancheri, sono stati noti pittori) e, perciò, aveva già scritto nel ‘destino’ il suo futuro da artista. La presenza di queste due figure così impegnative ha sempre influenzato il suo rapporto con l’arte anche se non gli ha impedito di lasciare Trento negli anni 70 per trasferirsi a Milano, la metropoli in cui un artista poteva incontrare nomi altrimenti conosciuti solo sui libri. Una scelta non facile e abbastanza anomala per la cultura del tempo che, però, ha contribuito a dargli quell’apertura mentale indispensabile nel mondo dell’arte. Eppure Aldo non è cambiato poi tanto, a dimostrazione che ognuno rimane sè stesso nel profondo mantenendo l’indole e le caratteristiche originarie. Prima di tutto una persona colta ed educatissima, poi un inguaribile ottimista dotato di uno spirito curioso, generoso e aperto verso gli altri a cui si unisce la fiducia nelle capacità dell’artista di migliorare il mondo.
Il tragico non è la sua cifra e nemmeno un intellettualismo arido e di maniera perché nei quadri ricerca più emozioni profonde che concetti astrusi, espresse tramite il pennello e le tecniche della pittura rivisitata secondo la lezione moderna. Il suo linguaggio è assai riconoscibile perché gli stilemi sono fondati su una geometria essenziale: uno sfondo a tinta piatta realizzato con colori acrilici, blu, nero, o anche rossi vivaci, su cui Aldo opera con forme geometriche colorate fluttuanti nello spazio della tela secondo un gioco sapiente di pieni e di vuoti. A volte questi spazi contengono dei collages, immagini provenienti da repertori vari oppure da disegni a pastello realizzati con la tecnica del ‘frottage’, inseriti liberamente come citazioni o rimandi ad emozioni o ricordi.
Laboriosissimo, Aldo si reca tutti i giorni nel suo studio a Milano (o a Trento) e lavora memore, forse, del padre che dipinse fin quasi al giorno della sua scomparsa a novantanove anni. L’arte, infatti, tra le altre qualità, possiede anche queste proprietà taumaturgiche nei confronti di chi la pratica.