I dipinti di Matteo Boato possiedono alcune caratteristiche molto particolari che li rendono tra i più riconoscibili, anche ai non esperti, nel panorama dei pittori trentini.
Si tratta di una personale combinazione di colori, intesi come tinte pure, e di colore, nel senso materico, di pasta applicata alla tela. E’ proprio grazie a questa sua tecnica di usare la pittura ad olio che i quadri appaiono connotati dall’uso di colori vivacissimi e brillanti e da uno spessore materico che dà profondità al dipinto attraverso una trama di pennellate decise e corpose o, addirittura, a veri e propri grumi, spremuti direttamente dal tubetto sulla tela, che sporgono dal supporto producendo ombre ed effetti inaspettati.
Il tratto è sempre veloce, quasi nervoso, come se, una volta deciso soggetto e forma, non ci fosse più posto per ripensamenti o correzioni, una specie di figurazione-gestuale blandamente naïf in cui istinto, manualità e creatività convivono felicemente.
I temi affrontati sono tanti perché Matteo è attratto e affascinato dalla vita, dai paesaggi, dalle persone care, dalle città e dalle cose e, un po’ come i pittori del passato, vuole raccontare con i suoi quadri i momenti e le esperienze che più l’hanno coinvolto o emozionato. Sono immagini morbide e serene, che esprimono una visione positiva, solare e innocente del mondo. Matteo rifiuta – volutamente – astratti intellettualismi che potrebbero dare una patina più d’avanguardia alla sua pittura ed evita di strizzare l’occhio a linguaggi più forti o radicali, preferendo essere sempre sè stesso coerentemente con la sua visione della vita.
Il suo, insomma, è l’impegno serio, sereno e, per ora, entusiasta, di chi ha fatto la scelta difficile, ma seducente, di credere e di dedicarsi completamente alla pittura.