La pittura di Roberto Codroico, artista riservato e ancora poco noto al grande pubblico per le ragioni che spiega lui stesso nell’intervista, possiede una leggerezza e una giocosità che sono inaspettate da parte di un “serio” funzionario della Soprintendenza della Provincia che si è sempre occupato di studio, tutela, conservazione e restauro di monumenti. Contemporaneamente a questi interessi professionali scientifici e alle copiose pubblicazioni a carattere storico, Roberto ha sempre coltivato anche un’altra passione privata e più personale: la pittura attraverso cui poteva esprimere l’altra sua faccia più vera e anticonformista. In effetti, pur praticandola da sempre, solo in tempi recenti ha voluto rendere pubblica e stabile questa sua intensa attività di ricerca e sperimentazione artistica.
Nel corso degli anni ha saputo distillare un suo linguaggio astratto autonomo del tutto personale e immediatamente riconoscibile per l’innocente gioiosità e la sapiente levità che riesce a trasmettere. I suoi dipinti sono caratterizzati da poche linee che percorrendo la tela secondo logiche libere ma non casuali, concorrono a creare delle strutture polimorfe e organiche, fluttuanti nelle ampie campiture colorate. Le composizioni di Codroico, ottenute attraverso una sorta di “scrittura automatica” che corre rapida e libera sulla carta, non esprimono però un caos informale ma possiedono un ordine e un’armonia interna che riporta sempre l’insieme ad una estetica “elegante” fondata su concetti classici di euritmia, forma, superficie, ritmo, movimento, vuoto e pieno. Il suo alfabeto personale di segni che dialogano sospesi sulla pagina, come un haiku, le coincise poesie giapponesi, lascia spazio ad un disegno ricco di suggestioni, come una traccia che sta all’osservatore decifrare.
Vi si ritrova il costante la voglia e il piacere di rivelare e raccontare (e liberare), attraverso la ricchezza dei simboli creati e la vivacità dei colori sempre accattivanti, il proprio mondo interiore.