Artista affermato per la sua attività oramai quarantennale, Mauro Cappelletti ha attraversato stagioni apparentemente molto diverse, ma in realtà, collegate tra di loro da un “fil rouge” senza soluzione di continuità. Firmatario del manifesto “Astrazione Oggettiva” del 1976, si è fin dall’inizio caratterizzato sia per il grande rigore compositivo sia per l’attenzione alla “pratica pittorica” come esperienza intellettuale e di vita.
Ancora oggi, nel suo essere pittore (e incisore) è visibile la coerenza con gli assunti teorici allora sottoscritti e tuttora artisticamente ed eticamente condivisi. Nelle sue opere non c’è spazio per il “gesto” espressionista, emotivo, istantaneo perché ogni dipinto nasce da una “ricerca” che si configura come metodologia lunga e laboriosa, proprio nel senso del “fare”, costantemente alla ricerca della qualità e, se possibile, della perfezione.
Uno sperimentatore per indole e per passione intellettuale, attento e sensibile alle più piccole variazioni all’interno di un progetto in cui pittura, concetti, impressioni, sensazioni, poesia e teorie convivono senza contraddizioni.
Coerentemente con il percorso fin qui sviluppato, Cappelletti sta ora affrontando il nodo del colore unico grazie alla “terza via” da lui scoperta-inventata, del Monocròmo-pluritòno, cioè l’uso di un solo pigmento (grigio, viola, blu ecc.) variato solo nella sua tonalità attraverso un processo basato su ripetuti passaggi del colore che lascia un largo margine all’imprevisto e alla scoperta consentendo, così, di esplorare percezioni e sensazione “elementari”.
E’ ancora pittura perché Mauro è e vuole rimanere un pittore ma nel processo creativo è stato introdotta una componente nuova e, per certi versi, anomala rispetto al passato: il Caso.
E ciò potrebbe, forse, prefigurare l’inizio di un nuovo ciclo creativo.