EDITORIALE

Prosegue il ciclo di incontri con gli artisti trentini i quali, raccontando liberamente le loro esperienze e parlando del “fare arte” nelle sue implicazioni concrete e “tecniche” possono fare molto per avvicinare anche i “non addetti ai lavori” a un mondo che, troppo spesso, si è allontanato dalla gente. In questa intervista Diego Mazzonelli racconta sè stesso evitando il linguaggio specialistico di molti esperti pur avendone tutti i titoli, le conoscenze e le competenze. Professore di filosofia, saggista polivalente, critico competente, studioso dei fenomeni artistici ma anche, allo stesso tempo, artista attivo nei campi più disparati e sperimentali: poesia visiva, cinema, pubblicità, scultura, grafica, arte applicata. In fondo, l’idea dell’artista totale che ama confrontarsi e affrontare con la sua creatività tutti gli ambiti espressivi. E, nonostante egli possa rientrare a pieno titolo nella categoria dell’intellettuale (teorico), è un artista laboriosissimo che realizza praticamente e pazientemente tutte le sue opere con una precisione certosina che non ammette imperfezioni. In questo approccio si intravede, oltre ad una indole rigorosa di base, la sua formazione impostata su una struttura logico-razionale-analitica di stampo cartesiano. Ma come lo studioso è sempre disposto a inseguire nuovi stimoli e intuizioni, così Mazzonelli, dopo aver esplorato in tutte le direzioni il suo universo geometrico ha deciso (in)coscientemente di contestarlo e decostruirlo affrontando linguaggi espressivi più liberi e imprevedibili, affrancandosi così da un ordine autoimposto. Sicuramente la sua capacità di parlare molti linguaggi gli è derivata dall’aver sempre frequentato, parallelamente e contemporaneamente ai suoi “studi razionalisti”, anche una pittura più espressionista e gestuale, in particolare di nudi, a dimostrazione che un artista non dovrebbe mai ripetere sè stesso per garantire la riconoscibilità richiesta dal mercato.
E, proprio riguardo a questo concetto di artista e mercato, alla fine dell’intervista Mazzonelli ricorda che è artista colui che riesce a percorrere quella specie di “gioco dell’oca” che Bonito Oliva definisce “sistema dell’arte” e che è strutturato su passaggi precisi quanto impervi: l’artista, l’opera, il critico, la galleria, il collezionista, il mercante, l’istituzione pubblica.
E’ chiaro che se i primi due punti, artista e opera, riguardano colui il quale propone sè stesso e attengono alle sue capacità personali, gli altri quattro punti, invece, coinvolgono un’organizzazione culturale, sociale e, soprattutto, economica complessa che si appoggia su strutture private e pubbliche indispensabili per accompagnare un artista lungo questo “gioco-sistema”.
Sembra di intuire che l’Arte sia necessaria ma non sufficiente e che, volendo quantificare il peso dei vari operatori del sistema, artista e opera valgano appena un terzo del tutto.
Se così è (e non abbiamo motivo per non credere a Bonito Oliva), la vera fatica dell’artista non finisce con la conclusione della sua opera d’arte ma inizia subito dopo nel tentativo di percorrere anche le altre cinque caselle del “gioco dell’oca”.