EDITORIALE

Dopo l’uscita del numero ZERO in cui si presentava con la nuova veste editoriale, inizia con questo numero UNO la pubblicazione di FIDAart, la rivista digitale bimestrale in rete di FIDA, Federazione Italiana degli Artisti – Trento.
Si tratta di una rivista che tenta i suoi primi incerti passi con fiducia, pur non avendo ancora definiti quali saranno i contenuti che esprimerà e la funzione che potrà svolgere in futuro ma, ciò nonostante (o, forse, proprio per questo), confidando sull’apporto di tutte le persone di cultura interessate a contribuire al suo sviluppo.
Tra le varie iniziative in cantiere, si è deciso di inaugurare il Numero UNO con la pubblicazione di un’intervista ad Aldo Pancheri in cui si ripercorre la storia umana e artistica di suo padre Renato, e si ripropongono una decina di sue opere particolarmente rappresentative che, siamo sicuri, saranno apprezzate da chi lo ha conosciuto e, anche da chi non ha avuto la possibilità di vedere i suoi dipinti coloratissimi.
Perché Renato Pancheri? Innanzitutto perché è stato un personaggio importante nel panorama artistico trentino per diverse ragioni: fratello di Gino Pancheri, notissimo pittore morto tragicamente nel corso dei bombardamenti della 2° Guerra Mondiale, aveva iniziato a dipingere fin dagli anni 50 e, grazie alla sua longevità, ha attraversato tutte le stagioni dell’arte conoscendo la maggior parte dei pittori che hanno operato in Trentino nel corso del secolo scorso.
Inoltre perché, parallelamente alla sua attività di pittore, Renato Pancheri ha affiancato quella di socio prima, e Segretario poi, della FIDA Federazione Italiana Degli Artisti, il Sindacato a cui sono stati iscritti molti dei maggiori artisti locali. Pancheri è rimasto Segretario fino al 2009, anno della sua morte, quando un gruppo di pochi soci volenterosi hanno rifondato la FIDA, trasformandola da Sindacato in associazione culturale.
Con lui, probabilmente, si è conclusa una stagione in cui i pittori erano una minoranza selezionata che si riconosceva ancora in un mondo che rifletteva gusti, valori, comportamenti e aspirazioni chiari e condivisi. E, anche se le avanguardie avevano iniziato (e concluso) l’opera di rivoluzionamento di tutti i presupposti su cui si era fondata fino allora l’arte, l’onda lunga della pittura ottocentesca interessata ad esprimere la “bellezza” e a suscitare delle “emozioni dell’animo”, in lui sopravviveva ancora. Un quadro, doveva essere appeso ad una parete perché “bello” e risvegliare delle sensazioni di intimo piacere estetico, più che di astratta adesione intellettuale.
E’ questa, in fondo, la differenza tra l’arte “storica” e l’arte contemporanea che, oggi, spazia nell’oceano infinito delle immagini, dei concetti e dei materiali, indifferente in gran parte alle categorie del bello e del brutto e interessata più alla categoria della comunicazione.