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Dopo l’inverno, agli inizi di marzo, la natura si risveglia, spuntano le nuove foglie e gemme e compaiono i colori dei primi fiori. nel camposanto sbucano i ricordi dell’anno passato che il vento ha soffiato via. Finti fiori di plastica, false foglie di carta, frutti secchi esotici dalle tinte luminescenti, leggiadri festoni funebri che adornano le sepolture degli scomparsi nel vano tentativo di esorcizzare la realtà ineluttabile. Queste decorazioni, artificiali e artificiose, sono volate lontano finendo nei vialetti in ghiaia o in anfratti fra i cupi marmi lucidi: macchie di colore improbabili e incongrue. Con l’arrivo dei materiali sintetici il cimitero ha perduto la sua capacità di trasformarsi con le stagioni, morendo durante l’inverno e rinascendo già ai primi tepori. Ora, squillanti mazzi di fiori di plastica, fasulli, inalterabili, indistruttibili, adornano sepolcri dalle infinite forme fantastiche tratte da inesauribili cataloghi del kitch. É lecito rimpiangere l’antica sobrietà di chi credeva nel riposo eterno e non all’eterno sfavillante reality venduto in televisione dall’industria dello spettacolo?