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Copertina e apparato grafico di Paolo Tomio

Testo critico

FORMA MENTIS

Aldo Pancheri

In “Pilota di guerra”, una considerazione di Antoine de Saint-Exupéry è a mio parere più che mai attuale e la potremmo riferire in particolare all’arte contemporanea: “… la guerra non è una vera avventura, non è neanche il surrogato di un’avventura. L’avventura si fonda sulla ricchezza dei rapporti che stabilisce, dei problemi che pone, delle creazioni che suscita. Non basta, per trasformare un’avventura, un semplice gioco di testa e di croce, puntare su di esso la vita e la morte…”.

Questo pensiero di Exupéry è proprio l’esatto contrario di quanto è accaduto e sta accadendo nella nostra epoca. Un nuovo condizionamento educativo, oltre che un ben preciso orientamento tematico e pragmatico, impronta ormai la struttura mentale non solo di un individuo in rapporto alle convenzioni maturate con l’esperienza, ma il sentire comune di intere collettività.

L’arte contemporanea accredita soltanto coloro che per primi riescono ad evidenziare una novità visiva. Chi riesce è un genio, chi non riesce è un fallito da gettare nel dimenticatoio. Questo atteggiamento è basato essenzialmente sul profitto e sulla possibilità che l’artista, più che creare in proprio l’opera d’arte, possa farla produrre in quantità notevolissima, in modo da poter rifornire un mercato internazionale, globalizzato.

Tomio si avvale delle nuove tecnologie informatiche, per proporci una propria visione che risulta del tutto personale ed esprime un mondo coloratissimo di forme morbide e rarefatte. Come già avevano fatto notare, per altre esposizioni, Claudio Cerritelli (“L’occhio sinfonico”) e Maurizio Scudiero (“Lo stupore immaginario”), questo universo cromatico e questo stupore derivante dalla suggestione di forme e colori, al presente si delineano con una rarefazione delle forme e per un impatto visivo che potremmo definire metamorfico.

Nelle opere esposte, tutte recenti, possiamo rilevare una diversità compositiva: in alcune possiamo rintracciare delle costruzioni fantasmatiche con contrasto di linee ortogonali e curve, tanto che potrebbe anche ricordare le città futuriste di Sant’Elia. In tutte le altre creazioni, anche se non c’è un vero e proprio iato fra questi due diversi aspetti, le forme morbide che le compongono trasmettono una sensualità avvolgente, anche perché partecipe di una pittura tonale, o, in altre opere, basata su toni complementari.

Il valore di queste tele è determinato anche dalla loro piacevolezza, che volutamente contrasta con un tempo in cui l’impegno sembra debba risultare sofferto o anche noioso. Nella nostra epoca, alla ricerca delle sottigliezze si sono persi gli equilibri dell’intelligenza, mentre, nonostante tutto, l’opera d’arte dovrebbe ancora comunicare gioia ed essere goduta anche dai non appartenenti ai lavori.

Poiché di certo non sono uno specialista del computer, mi attengo al detto latino: “Sutor, ne ultra crepidam”, considerando anche che queste opere non hanno bisogno di parole.

 

PREFAZIONE

Paolo Tomio

Ho ritenuto interessante, per la qualità e l’approfondimento dei testi, riproporre in catalogo gli scritti di due importanti critici predisposti per le mie recenti personali. Si tratta, rispettivamente, dei saggi critici di Claudio Cerritelli per la mostra “L’occhio sinfonico”, presentata a Milano nel 2010, e di Maurizio Scudiero per la mostra “Lo stupore immaginario”, allestita a Mantova nel 2011. Anche se la maggior parte delle opere esposte sono nuove e affrontano temi con linguaggi diversificati, mi è sembrato che le puntuali analisi che vi sono esposte fossero tuttora valide per comprendere il mondo espressivo che ricerco con le mie immagini.
Il titolo “Forma Mentis” scelto per la mostra, è un riferimento esplicito a due concetti che mi stanno a cuore: quello della “forma”, da sempre centro e fondamento dei miei interessi e del mio lavoro e quello della “forma della mente”, intendendo con questa espressione quella

o Tomioformazione-deformazione del pensiero, che si viene a creare nel corso del tempo in chi si invaghisce delle forme e che determina uno specifico modo di vedere e interpretare il mondo. Si tratta di un approccio “strutturale” alla realtà, in parte conscio perché dipendente dall’educazione, dagli studi e dagli interessi sviluppati e in parte inconscio, in quanto attinente alla personalità, alla sensibilità, all’amore per la natura nonché ad una costante ricerca della bellezza. Termine, quest’ultimo, considerato desueto, anti intellettuale e, quindi, ormai espulso dal vocabolario degli artisti “moderni” oggi interessati più all’aspetto “concettuale” dell’opera che non alla sua forma diventata, per lo più, ininfluente.
Purtroppo, la malintesa critica di Duchamp all’“arte retinica” (può esistere un’arte visiva non retinica?), ha contribuito alla teorizzazione dell’azzeramento della forma e all’annullamento del contenuto emozionale dell’arte a favore di un concettualismo asettico, anonimo e complessivamente arido.
Vale a dire, la noia come ideale esistenziale ed estetico.
Dimenticando che Bellezza e Forma sono anch’essi concetti che, da millenni, stanno alla base di tutte le Arti.